musica dad conservatorio Matera

Un conservatorio nell’anno pandemico: quando le arti incontrano il digitale

Come fare musica e teatro a distanza attraverso registrazioni e composizioni video

Mai come quest’anno abbiamo sentito la mancanza dei concerti e degli spettacoli al cinema o al teatro, in piazza o nel nostro quartiere di fiducia.
Il fuoco che riposa nell’animo dell’artista, però, è inestinguibile e lo abbiamo potuto mettere alla prova con la docente Stefania Carulli, del Conservatorio di Matera.
Attraverso le sue parole, ci siamo sentiti come degli spettatori che, in piedi sotto il palco, ascoltano adoranti la voce del loro cantante preferito.

Quanto è importante la figura dell’artista nel mondo di oggi? E può il digitale essere integrato nella musica e nel teatro?
Sedetevi con noi e godetevi lo spettacolo.

Ciao Stefania, com'è stato per un conservatorio fare lezione a distanza?

“All’inizio, come tutti, ci siamo trovati in difficoltà: la nostra fortuna è stata avere un corso di musica elettronica, con studenti che da sempre utilizzano piattaforme e strumenti tecnologici e che ci hanno suggerito le modalità con cui realizzare i video delle lezioni e degli esami. Chiaramente suonare in diretta era complesso, a causa della scarsa linea e di tutti gli altri limiti dati dalla situazione, quindi è stata una soluzione che ha dato a tutti la possibilità di mettere in pratica ciò che imparavano giorno dopo giorno”.

Pensi che in questo modo il lavoro fosse più organizzato?

“Sì, ma l’aspetto più interessante è stato che questi video venissero utilizzati per le stesse prove d’esame. Non è sano caricare di materiale gli studenti, quindi con questa modalità siamo arrivati alla fine dell’anno con una cartella per ciascuno studente, contenente gli esami da lui svolti e registrati. In questo modo abbiamo potuto analizzare il materiale con più tranquillità, ma un aspetto che mi è piaciuto particolarmente è che così rimane una traccia del lavoro svolto dai ragazzi”.

Quando è stata la prima volta che sei venuta in contatto con questi metodi “alternativi”?

“Due anni fa Alberto Odone, del Conservatorio di Milano, ci ha parlato di una piattaforma in cui inseriva gli esercizi da far ascoltare agli studenti, che a loro volta mandavano le loro esercitazioni. Quindi, sulla stessa scia, abbiamo iniziato a registrare le tracce, così che i ragazzi le ascoltassero ognuno con il proprio ritmo, dando vita a un ascolto molto personalizzato. Onestamente sarei tentata di continuare a lavorare così, integrando questo tipo di allenamento, perché il lavoro è più efficace nonostante sia più impegnativo per il docente”.

Avete avuto bisogno di strumenti digitali particolari?

“In realtà per la realizzazione dei video i ragazzi hanno utilizzato gli apparecchi che avevano già a disposizione, dal cellulare ad altri dispositivi alla portata di tutti. Nonostante non avessimo la possibilità di permetterci l’abbonamento per alcune piattaforme apposite per le performance musicali, siamo riusciti a registrare anche alcuni video con il coro: ognuno ha registrato la propria voce sulla base pre-ordinata e successivamente sono state unite tutte le voci, e un esempio è “Sambalele”, eseguito per il corso di Metodologia dell’educazione musicale. Un altro di questi programmi è il DaVinci Resolve, un programma con cui puoi lavorare sulle tracce video e audio”.

Qual è l'approccio che applichi solitamente in classe?

“Ciò che mi piace fare è realizzare dei lavori di gruppo seguendo il Cooperative Learning, perché in questo modo ognuno ha un ruolo specifico e ciascuno studente è più attento al proprio lavoro.
Per portare avanti alcuni progetti, ho imparato a usare iMovie: questo programma mi permette di creare i video con le singole persone che cantano o recitano, registrando le tracce, condividendole su Google Drive, correggendole e montandole”.

Non dimentichiamoci che il digitale può essere d'aiuto ai ragazzi anche nel mondo lavorativo, per farsi conoscere attraverso piattaforme digitali come YouTube.

I tuoi corsi si dividono tra musica e teatro, ci racconti della parte più intima di questa esperienza?

“Ci sono stati dei momenti difficili, sia per gli studenti che per i docenti, ma la scuola è la struttura portante della società e deve occuparsi non solo della parte performativa, ma soprattutto di inclusione ed empatia.
Nel teatro, ad esempio, impari la relazione con l’altro e il valore del dare, l’aiuto al compagno e la consapevolezza di te stesso, e abbiamo tentato di mantenere questa dimensione a noi cara.
Gli studenti, soprattutto in età adolescenziale, hanno il bisogno di incontrarsi e di confrontarsi tra pari, perché costruiscono loro stessi attraverso gli occhi degli altri, e questo anno pandemico sicuramente li ha messi a dura prova.”

Quali sono i fattori da tenere sempre a mente in qualità di insegnante?

“Il docente deve essere una sorta di organizzatore del sapere, deve dare stimoli nel modo più omogeneo possibile, andando a incentivare i ragazzi a scoprire mille altri mondi. È importante che si metta in connessione con la classe e che, soprattutto, si prenda cura dei ragazzi che ritrovano delle difficoltà in alcune materie, così da anticipare anche alcuni malesseri di cui gli studenti possono soffrire crescendo.

Riguardo al digitale, penso davvero che sia uno strumento di comunicazione in più, una possibilità da saper sfruttare, utilizzare e integrare. È chiaro che se ti ritrovi a non avere altre possibilità, inizi a percepire tutti gli strumenti a tua disposizione come un limite, quando in realtà hanno un grande potenziale”.

Credi che la scuola italiana abbia sfruttato al meglio questa esperienza?

“Sicuramente è riuscita a colmare quel vuoto che aveva nei confronti del digitale, anche se in modo forzato a causa della pandemia, ma penso abbia dato vita a frutti che spero possano essere portati a lungo nel nostro percorso di insegnanti”.

Un omaggio alla figura dell'artista: cosa diresti?

“L’artista ha sempre lo sguardo in avanti, riesce a percepire i cambiamenti e a esserne partecipe”.

Che cosa senti di aver imparato durante questo anno?

“Sicuramente ho scoperto le svariate potenzialità della tecnologia, ma direi che mi ha colpito come l’essere umano riesca a trovare le soluzioni a problemi che possono sembrare insormontabili. Come persona, è stato un percorso di alti e bassi, ho imparato ad apprezzare la solitudine e mi sono fatta quelle domande che reputiamo esistenziali”.

Di Greta Arilli