- Scuola: scuola secondaria di secondo grado, IIS Vespucci-Colombo, Livorno
- Classe: dalla prima alla quinta
- Materia: inglese
- Metodologia didattica: Flipped Classroom e peer-to-peer
- Cosa ha fatto il docente: ha usato i metodi Flipped Classroom e Peer-to-Peer per la realizzazione di video didattici e di una mappa concettuale online.
La metodologia della Flipped Classroom unita a quella della scuola Peer-to-Peer. Cosa succede quando sono gli studenti a preparare il materiale didattico da studiare. A raccontarcelo la professoressa Elena Lorenzini
Ingegnarsi in metodologie pensate per una scuola non in presenza è condicio sine qua non per non uccidere la didattica, specie nel periodo storico in cui viviamo.
L’insegnamento cosiddetto capovolto, identificato dall’espressione inglese Flipped Classroom, è messo in pratica in buona parte degli istituti scolastici italiani. I risultati finora ottenuti si stanno rivelando soddisfacenti oltre ogni previsione, cosa che consente ai docenti di ampliarne la portata.
Il metodo della classe capovolta, si sa, inverte l’approccio didattico in quanto la prima fase della lezione si svolge a casa sul piano individuale. Ma se fossero gli stessi studenti a preparare il materiale da studiare?
La professoressa Elena Lorenzini, docente di lingua e letteratura inglese all’ISS Vespucci-Colombo di Livorno, ha integrato la metodologia della classe capovolta con la tecnica Peer-to-Peer (P2P). Noi di Idee per la scuola abbiamo chiesto alla professoressa di spiegarci nello specifico in cosa consiste questa attività paritaria, detta anche paritetica.
“Il metodo Peer-to-Peer è indicato per quei soggetti con difficoltà di apprendimento”, racconta la Lorenzini “ma ho pensato di sfruttarlo a trecentosessanta gradi per rendere i contenuti didattici usufruibili da chiunque”.
La scuola Peer to Peer e il progetto International Trade
È nato così il progetto International Trade. Gli studenti hanno realizzato, e pubblicato online, una mappa concettuale a disposizione di quanti intendono studiare, o anche solo ripassare, un dato argomento di lingua inglese.
“Spesso i ragazzi speciali hanno difficoltà di memorizzazione e la costruzione delle mappe stimola la loro memoria” ci illustra la docente. “In questo modo si può insegnare la lingua a chi non la conosce e, per contro, chi deve impararla può muoversi lungo la mappa partendo dall’argomento che preferisce”.
Strutturare una mappa chiama a una responsabilità non indifferente, poiché i vari contenuti inseriti all’interno della stessa dovranno essere compresi dai compagni. A questo proposito la professoressa si mostra orgogliosa del risultato ottenuto finora: “I ragazzi si sono messi in gioco come persone ed è lo scopo del metodo che, come rievoca il nome, fa sì che ci sia questo passaggio di conoscenze tra pari”.
Dietro alla creazione di una mappa o, come nel caso della classe capovolta, di un video c’è tutto un lavoro di ricerca e di sintesi. Un risultato così ottenuto denota il valore delle persone che hanno impiegato tempo e passione per realizzarlo.
“Ogni studente si è messo alla prova testando le proprie capacità in ambito non solo linguistico, ma anche tecnico – conclude la Lorenzini – e parliamo di giovanissimi che a distanza hanno gestito un lavoro in team, sviluppando competenze di problem solving”.
La DaD, grazie a metodologie quali la Flipped Classroom e il Peer-to-Peer, ha permesso – e ancora consente – di raggiungere obiettivi notevoli attraverso il lavoro di gruppo.
Di Grazia Ciavarella
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