Nicola Carmignani instagram stories

Come rivoluzionare la DaD con le Instagram Stories

Chi l'ha detto che a scuola i social media sono sempre dannosi? L'esperienza del professor Nicola Carmignani dimostra tutto il contrario. Ecco cosa è successo durante la pandemia.

È possibile fare didattica a distanza attraverso un social come Instagram? Il 2020 sarà ricordato come l’anno che ha costretto i docenti a ripensare la formazione scolastica, grazie soprattutto all’utilizzo della tecnologia.
Tanti sono gli insegnanti entrati in campo che hanno accolto la sfida lanciata dalla pandemia. Tra questi c’è il professor Nicola Carmignani, docente in materie informatiche presso gli Istituti Marconi di Pontedera e Marco Polo – Cattaneo di Cecina.
Sapendo come i più giovani prendono parte alla vita virtuale tramite i social, Nicola ha riconsiderato l’impiego che se ne può fare a scopi formativi.
Com’è stato possibile? Ce lo ha spiegato il professore a noi di Idee per la scuola.

Sei riuscito a ingegnarti in una didattica senza gesso e lavagna usando le app Google e le Instagram stories. Puoi spiegarci in breve in cosa consiste?

“Per la produzione di materiale didattico ci siamo affidati alle app Google. Ci hanno consentito di elaborare i compiti a casa e i vari esercizi in modo del tutto semplice, oltre che gratuito. Abbiamo potuto pensare anche a delle attività di laboratorio. Nonostante la mancanza di fisicità che, certo, si è fatta sentire.
Per quanto riguarda invece le presentazioni che di solito si fanno in PowerPoint, con la docente di scienze motorie abbiamo utilizzato le Instagram Stories per creare delle diapositiveSi è trattato di un modo didattico alternativo e ludico, che ha dato modo ai ragazzi di esprimere il loro potenziale”.

Avete usufruito di app particolari per la realizzazione delle diapositive?

Spark Post e Unfold sono le 2 app principali che usiamo per lavorare. Sono entrambe intuitive e permettono all’utente di servirsi di modelli gratuiti preimpostati da personalizzare. Volendo, anche con delle animazioni”.

Riguardo invece alla visibilità delle stories, è stata circoscritta ai soli studenti?

“Sì, il fine non era quello di coinvolgere eventuali follower, ma potremmo pensarci per quest’anno scolastico. L’educazione civica è diventata una materia obbligatoria ed essendo “l’utilizzo consapevole dei social” il tema da trattare, sarebbe il metodo perfetto per affrontare l’argomento”.

Il lato positivo è che, tramite la DaD, la scuola ha fatto dei passi da gigante nell’informatizzazione.

Che impatto ha avuto l’idea sugli studenti?

“Sull’utilizzo dei social gli studenti sono preparatissimi, hanno risposto con entusiasmo e sono stati più che partecipi”. 

In che modo è stata accolta dai tuoi colleghi docenti?

“Gli altri insegnanti hanno aderito attivamente all’idea, come per il lavoro svolto insieme alla docente di scienze motorie. Interessante è stato vedere alcuni professori che, seppur vicini alla pensione, hanno dimostrato uno spirito di adattamento sorprendente”.

Ci sono state delle reazioni, positive o meno, da parte dei genitori?

“Non essendoci un riscontro diretto è piuttosto difficile relazionarsi. Ho cercato e cerco di spiegare loro che noi insegnanti siamo coscienti della penalizzazione ma, allo stesso tempo, ci impegniamo per mantenere in forze i ragazzi, specie da un punto di vista psicologico. I genitori lo percepiscono e questo ci aiuta a non demordere”.

Si tratta di un’idea recente oppure risalente al periodo di marzo-aprile 2020?

“Ci siamo adeguati subito alla nuova situazione anche se, in un primo momento, non avendo delle linee guida da seguire ci siamo dovuti arrangiare. Continuiamo naturalmente a lavorare per migliorare e migliorarci”.

La cosa più bella che ti hanno detto gli studenti qual è stata?

“Che ci ho messo impegno e passione. A detta loro, sono due segni distintivi che mi caratterizzano”.

Quando si è docenti non solo si insegna, ma si impara allo stesso tempo: è stato così anche per te?

“Sì, cerco, per quanto possibile, di acquisire il linguaggio dei più giovani e, di conseguenza, di capire il loro modo di adattarsi al nuovo. In questo momento storico, grazie anche alla tecnologia, c’è uno scambio di informazioni non indifferente, ma non è sempre facile entrare nel loro mondo”.

Di Grazia Ciavarella