Giovanni Biondi Indire

La scuola del futuro deve cambiare metodo

La nostra intervista con Giovanni Biondi, presidente di Indire, che ci racconta com'è andata la Fiera Didacta Italia e ci racconta tutte le novità emerse che caratterizzeranno la scuola del futuro.

Giovanni Biondi è presidente di Indire dal 2013, membro del comitato ordinatore della IUL – Italian University Line e chairman di European Schoolnet, il network costituito da 30 ministeri dell’educazione europei.
Dal 2009 al 2013 è stato Capo del Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane e finanziarie del Ministero dell’Istruzione. Con lui abbiamo parlato di scuola e innovazione e di ciò che dovrebbe cambiare.

Indire e l’innovazione: l’esperienza di Didacta

Indire è l’Istituto Nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa che lavora da oltre 90 anni per la scuola.
Il 19 marzo scorso si è concluso uno degli eventi più importanti organizzati da Indire, la quarta edizione della Fiera Didacta Italia. Si tratta del più importante evento sull’innovazione nella scuola che, quest’anno si è svolta interamente online, con più di 600 eventi tra convegni, webinar, workshop immersivi e formazione per i docenti. Noi di Idee per la scuola abbiamo chiesto al Presidente Biondi cosa è emerso dalla manifestazione Didacta.
“Sicuramente la pandemia ha messo in crisi un certo modello scolastico basato sulla tradizionale lezione frontale che da un lato è la cosa più facile, dall’altro quella meno efficace. Anche nella didattica a distanza, la lezione frontale produce solitamente alunni poco motivati e distratti. Inoltre è emersa la necessità non solo di utilizzare le tecnologie digitali, quanto piuttosto di appropriarsi di un nuovo linguaggio, spesso ancora ignorato da molti insegnanti”.

Didacta in classe

Quest’anno Didacta ha sviluppato il progetto Didacta in classe, con il coinvolgimento in diretta di intere classi che, hanno potuto per la prima volta, partecipare attivamente alla manifestazione con seminari riservati. Il Presidente ci spiega che: “Quest’anno ciò che è mancato maggiormente ai ragazzi è stata la socialità. È emerso chiaramente, se mai ce ne fosse bisogno, quanto la scuola sia un ambiente socialeNon un luogo di contenuti trasmessi, ma uno spazio dove confrontarsi,  collaborare, crescere. La dispersione e il disinteresse dei ragazzi era una problematica presente anche prima della DaD. Quest’anno ha avuto sicuramente il lato positivo di aver smascherato quanto il problema della scuola stia nel metodo.

Indire e le Avanguardie Educative

Avanguardie educative è un progetto nato all’interno di Indire che Idee per la scuola ha conosciuto grazie all’intervista con Salvatore Giuliano.
Le avanguardie educative hanno l’obiettivo di supportare e mettere a sistema le pratiche innovative nella scuola italiana, ripensando i metodi, il tempo e lo spazio nel mondo scuola. Il progetto si è trasformato in un vero e proprio Movimento, nato dalla sinergia tra Indire e le 22 scuole fondatrici.

A oggi le idee di Avanguardie Educative, supportate da un servizio di assistenza/coaching, sono adottate da più di 1200 scuole, sparse in tutta Italia in maniera omogenea.
Dunque qual è la situazione della scuola italiana in termini di innovazione? Ci risponde Biondi con la sua proverbiale schiettezza: “Durante Didacta ben 22 mil persone hanno scelto di spendere i propri soldi e tempo per un evento completamente online che parla di innovazione. Molte aziende  hanno partecipato con i loro stand virtuali e alcuni convegni sono stati seguiti contemporaneamente da più di 400 persone.
Il desiderio di innovazione indubbiamente serpeggia nella scuola italiana. Tuttavia, se da un lato 22 mila persone iscritte non sono poche, sicuramente 770 mila insegnanti sono molti di più. Insomma, dobbiamo fare ancora molta strada”.

La scuola e il digitale: ci vuole un cambio di metodo

Chiediamo infine al presidente di fare un punto sull’uso del digitale nella scuola italiana: “Parlare di scuola Italiana senza distinguo è impossibile. Considerando che si tratta della più grande azienda del paese, puoi trovarci dentro un po’ di tutto. Con 8 milioni di studenti emergono realtà di tutti i tipi, quelle più innovative e quelle che neppure si pongono il problema, legate ad un metodo di insegnamento nostalgico e ormai obsoleto. D’altronde non basta usare il digitale, è necessario pensare in digitale.

In che modo? “Quando impari una lingua nuova, inizialmente la traduci mentalmente dalla lingua originale, mentre quando la padroneggi, inizi a pensare in quella lingua. Quando si traspone l’analogico al digitale si tratta di una semplice traduzione letterale, per pensare in digitale è necessario cambiare linguaggio“.

La scuola del futuro deve cambiare paradigma

Per concludere, abbiamo chiesto al presidente Biondi come immagina la scuola del futuro. “Durante un corso all’università, ai miei studenti faccio vedere un video delle Olimpiadi del ’68, quando la disciplina del salto in alto ancora prevedeva il cosiddetto stile ventrale, con l’atterraggio sulle vasche di sabbia. Il futuro ingegnere Dick Fosbury quell’anno, riscrisse la storia del salto in lungo e da allora nulla fu più come prima. Infatti iniziò a saltare dando le spalle all’asticella e cambiando di fatto tutta la disciplina, introducendo per esempio l’uso dei materassi. Anche con la scuola è così, l’obiettivo rimane lo stesso, ciò che deve cambiare è il paradigma“.    

E conclude sottolineando come: “Il cambiamento non può avvenire dall’alto, con le circolari, le leggi, ma solo  coinvolgendo gli insegnati, i dirigenti. Ci serve un virus positivo che investa la scuola, una pandemia di innovazione che contagi tutti e diventi endemica”.
L’unica pandemia che desideriamo per la scuola.

Di Chiara De Filippo