Dianora Bardi è stata nel 2010 tra le prime docenti ad introdurre i tablet a scuola oltre che ideatrice “della scuola scomposta”e presidente del Centro Studi Impara Digitale. Con lei abbiamo parlato di DaD, aule immersive ma soprattutto dei veri protagonisti: gli studenti.
Dianora Bardi mille ne pensa e mille ne fa.
Chi la conosce sa che, a ogni sua visione, corrisponde un progetto per la scuola. Anche in quest’anno così difficile, in una Bergamo fortemente colpita dal Covid, Dianora non si è mai fermata, vediamo come.
Un anno di DaD
A un anno di distanza dal primo lockdown, con la professoressa Bardi parliamo dunque di come è cambiata la DaD, cosa ci ha insegnato e alcuni suoi progetti.
La didattica a distanza di ieri
Nella prima fase della DaD, c’è stato indubbiamente e comprensibilmente un approccio molto confusionario. Tutto il comparto scuola si è concentrato principalmente sul lato tecnico.
I problemi riguardavano l’uso delle piattaforme, la mancanza di connessione e di fatto le carenze strutturali di molte scuole.
“I docenti sono stati colti alla sprovvista, ognuno ha cercato di arrangiarsi come ha potuto, in maniera autonoma”, ci racconta Dianora “e probabilmente gli istituti secondari hanno reagito meglio perché avevano più infrastrutture: laboratori, pc, banda e registro elettronico, ma in realtà nessuno era davvero pronto a quello che sarebbe accaduto”.
La famiglia e la scuola: un nuovo patto educativo
Durante il primo lockdown e con la DaD è emerso positivamente il ruolo della famiglia e dei genitori in relazione alla scuola, sottolinea Dianora. “Si è affermato un nuovo patto educativo tra scuola e famiglia. La famiglia ha capito finalmente, vivendola in diretta, cosa fa la scuola e come funziona: ha collaborato con essa. Sono nate nuove e importanti relazioni tra genitori e docenti ma anche tra docenti e alunni”.
Incontrarsi online: La Voce della scuola
Come dicevamo all’inizio, Dianora vive e lavora a Bergamo, tra le città più colpite dalla pandemia e questo ha fatto sì che la DaD in quelle zone avesse un significato molto diverso. Ecco cosa ci racconta: “In certi luoghi come Bergamo, dove a marzo dell’anno scorso si è vissuta una vera e propria guerra, con migliaia di morti, ambulanze a ogni ora del giorno, la DaD è stata per i ragazzi una vera e propria salvezza, l’ancoraggio alla vita di tutti i giorni”.
La Voce della scuola nasce da questa esigenza.
Si tratta di una serie di incontri in streaming, organizzati per ascoltare la comunità scolastica, a partire da Bergamo.
Dianora ci parla dell’edizione dell’anno scorso: “Non si parlava di programmi, didattica, il senso è stato: stringiamoci insieme, supportiamoci, diamoci il tempo di parlare di ciò che è accaduto”.
La voce della scuola è un’iniziativa che ha voluto valorizzare il lato umano della scuola e dei suoi protagonisti.
A breve partirà l’edizione 2021, aperta a tutti coloro che vorranno parteciparvi.
La DaD oggi
Oggi la DaD si è evoluta ma merita ancora di essere affrontata con una grande attenzione.
Riprogettare la didattica: nuclei concettuali e tavola rotonda tra docenti
“Abbiamo ormai capito come funziona, possediamo nella maggior parte dei casi i supporti tecnologici ma, è necessario riprogettare la didattica. Non mi stancherò mai di ripetere che pensare di trasferire automaticamente la didattica in presenza con quella online è un fallimento”, precisa Dianora.
Cinque ore davanti a un pc non sono come 5 ore di lezione in presenza. Stare troppe ore davanti allo schermo può avere numerosi effetti negativi, a partire dalla salute psico-fisica.
Ma come si può fare allora?
“È necessario riprogettare la didattica, attraverso lezioni in compresenza tra docenti che procedono per nuclei concettuali. In questo modo è possibile dare un punto di vista di riferimento per le varie materie e limitare le ore” ci risponde Dianora.”I docenti non possono agire singolarmente, ma dovrebbero riunirsi come attorno ad una tavola rotonda, in una visione olistica del sapere, seguendo una linea convergente”.
Nelle criticità possiamo trovare la soluzione
L’opportunità più grande di questo periodo è che i ragazzi ci hanno aperto il loro mondo: come apprendono nella rete, come studiano, i loro tempi e i loro spazi. “Se ci fossimo messi davvero in ascolto” ammette la prof. “avremmo capito le metodologie e i processi di apprendimento che caratterizzano gli studenti di oggi: come collaborano, come interagiscono con gli adulti, come si aiutano tra di loro. Cogliendo le criticità, possiamo cercare di risolverle” ci spiega Dianora con convinzione. Inoltre sottolinea: “Dobbiamo essere consapevoli che la tecnologia è nostra alleata, per riappropriarci delle conoscenze tradizionali” .
La classe immersiva: quando la tecnologia fa bene, anche ai più piccoli
Nell’ambito della scuola dell’infanzia da tempo si lamenta un aumento esponenziale di bambini iperattivi.
Bambini che hanno perso la capacità di ascoltare una storia, che non sono più abituati a fermarsi a osservare un libro.
Dopo averla studiato a lungo Dianora ha proposto a Bergamo un progetto di aula immersiva. Ha portato in aula dei monitor di 4 metri, posizionati ad altezza bambino che proiettano delle immagini, spesso interattive, accompagnate da suoni e profumi. In questo modo i bambini possono vivere un’esperienza sensoriale totalizzante e immersiva.
Raccontato da Dianora sembra quasi di vederlo: “Immaginate un bambino di 3 anni al buio, che cammina sopra un manto di stelle, con in sottofondo il suono delle campane tibetane e degli odori suggestivi mentre la maestra gli racconta una storia. Gli insegnanti possono così recuperare la lentezza, valorizzare l’ascolto, utilizzando un canale che i bambini conoscono, dal quale sono naturalmente attratti”.
Il futuro della scuola sono gli occhi dei ragazzi
Gli studenti con la loro testimonianza ci forniscono le vie per recuperare le criticità ma anche per vedere le incredibili potenzialità che possiedono. La creatività, la fantasia e l’ingegno dei ragazzi sono sorprendenti.
Abbiamo chiesto alla docente come si immagina la scuola del futuro.
“Il futuro è rendere gli alunni protagonisti. Per protagonismo si intende per esempio, fermarsi a chiedergli: dobbiamo organizzare gli open day per la scuola, come li facciamo? come li immaginate?”. È importante dunque che i ragazzi siano liberi di scegliere ma anche di sbagliare. “La scuola del futuro non è per gli studenti ma degli studenti. La scuola del futuro è quella che dobbiamo guardare attraverso i loro occhi” conclude Dianora.
E anche nello sguardo di questa donna appassionata, aggiungeremo noi.
Di Chiara De Filippo
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